venerdì 1 gennaio 2016

La porta


La tua porta. Non riesco a smettere di guardarla. 
Ricordo il rumore esatto della chiave nella toppa, il lieve cigolio che precedeva il sorriso che mi accoglieva, caldo come il profumo di cannella che scivolava per le scale quando la porta si socchiudeva.
Non hai voluto che ti vedessi mentre ti spegnevi.
Hai tenuto la porta chiusa. Per pudore.
Il tempo, per noi, aveva preso due strade diverse.
Il mio era vento. Il tuo sabbia. 

Io mi lasciavo trasportare, senza una reale coscienza delle lancette che correvano, inghiottendo le settimane e poi i mesi, sempre uguali, sempre veloci.
Tu, al contrario, cercavi disperatamente di trattenerlo.
Hai tenuto la porta chiusa. E io non avevo capito perchè. Il mio tempo avrebbe confuso il tuo. E tu non potevi permettere alle tue lancette di correre.
La solitudine ha dilatato i mesi che hanno preceduto la fine.
Sono la sola a sapere.
Strano come nessuno si sia accorto che non ci sei più.
I tuoi fiori sono appassiti. Del profumo di cannella è rimasto solo un ricordo.
Hai vissuto in questa casa per quarant'anni anni. Eppure nessuno ha percepito il vuoto della tua assenza.

Amavo la tua porta. Era conforto, conoscenza, amore.
Mi hai detto addio a modo tuo.
Io ancora non ci riesco.
Aspetto sempre di sentire il rumore delle chiavi nella toppa. Un sola volta.

L'ultima.

 a Daci, ovunque tu sia