Molti
anni fa, in una fredda notte d’inverno, ai lati opposti di un antichissimo
regno, nacquero due bambini. Mathilda, figlia di un povero fornaio e Thomas,
delfino del re.
Pochi giorni dopo la sua nascita, Thomas fu promesso sposo alla
principessa del reame oltre il lago ghiacciato e perché nulla potesse cambiare
il loro destino, fu deciso che i due principi sarebbero vissuti isolati dal
mondo fino al giorno delle loro nozze.
Così Thomas crebbe solo, nel suo mondo fatato, accudito da balie,
maggiordomi e istitutori privati senza mai sapere che oltre le mura del
castello esisteva un altro mondo.
I suoi unici compagni di gioco furono rondini
e usignoli e perché non volassero via con l’arrivo dell’inverno, fece costruire
una grande, bellissima serra al centro del giardino del castello, con fontane, palme
e profumati fiori tropicali.
Questo era il mondo di Thomas.
Dall’altra parte del regno, sopra la vecchia bottega del fornaio,
cresceva la piccola Mathilda. Cresceva libera di giocare nei prati fioriti, di
esplorare con gli altri bambini gli angoli segreti del bosco e di pattinare sul
lago ghiacciato nelle fredde giornate d’inverno.
Ma
quando arrivò l’autunno del suo sesto compleanno, Mathilda scoprì che la sua
famiglia era troppo povera per mandarla a scuola. E pianse. Allora sua nonna la
strinse tra le braccia e disse: “Ti insegnerò io a leggere”.
“Davvero?” chiese Mathilda, asciugandosi le lacrime.
“I
libri sono come porte”, disse la nonna con dolcezza. “Ogni volta che ne apri
uno ti si spalancano mondi lontani e meravigliosi. Se impari a leggere, quei
mondi diventeranno parte di te”.
“Ma
noi non abbiamo libri”, disse Mathilda.
La
nonna le accarezzò una guancia. “Un passo per volta, bambina mia. Quando sarà
il momento, troveremo i libri”.
Così Mathilda imparò a leggere. E sua nonna le trovò i libri. Ogni sera,
prima di andare a dormire, Mathilda accendeva la candela sul comodino, si
infilava sotto le coperte e leggeva fino a notte fonda, scoprendo tra quelle vecchie
pagine ingiallite dagli anni mondi incredibili. Lesse storie di altri tempi e
di altri paesi, scoprì le meraviglie della natura e i segreti dell’animo umano
e, con la fantasia, sera dopo sera, volò oltre le barriere del tempo e dello
spazio.
Poi
sua nonna si ammalò.
Per
giorni e giorni Mathilda rimase seduta accanto a lei e quando capì che stava
per morire, le baciò i morbidi capelli bianchi e le disse addio nell’unico modo
in cui sapeva fare: raccontandole una storia che non era ancora stata scritta.
Fu
così che Mathilda, troppo povera per comprare libri, cominciò a inventare
storie.
Raccontò di mondi che non
conosceva e di cose che non aveva mai visto e ben presto, in tutto il regno, si sparse la voce che sul lago ghiacciato
viveva una bambina che raccontava le storie più belle che si fossero mai
sentite. E queste storie entrarono di casa in casa, raccontate dalla voce delle
balie e delle cuoche che ogni mattina si fermavano alla bottega del fornaio per
comprare il pane.
Fu
così che quelle stesse storie varcarono le mura del castello per essere
raccontate sottovoce dalla servitù in cucina.
Ma
nessuno immaginò mai che quei bisbigli giungessero, attraverso il camino, anche
alla camera del giovane principe. Lui le ascoltò, giorno dopo giorno, per mesi,
imparando a conoscere il mondo attraverso gli occhi e le parole di Mathilda,
finché una mattina molto presto, mentre tutti dormivano, scavalcò i cancelli
dietro ai quali
aveva vissuto in solitudine per
troppo tempo e andò a cercare la ragazza che, con le sue storie, gli
aveva regalato la libertà.
La
trovò nella piccola bottega del fornaio e, nel momento in cui la vide, si
innamorò perdutamente di lei.
Da
quel giorno, ogni mattina, molto prima che il sole sorgesse, Thomas entrava dal
retro della bottega e aiutava Mathilda a fare il pane. Parlavano, ridevano, ma
soprattutto, mentre i lunghi filoni di pane cuocevano in forno, leggevano
insieme i libri che Thomas portava con sé. Libri
d’arte, di musica, di medicina e di storia.
Mathilda imparò cose di cui non aveva mai
immaginato l’esistenza e Thomas imparò ciò che fino ad allora nessun istitutore
era stato capace di insegnargli: l’amore per la conoscenza.
Poi, una mattina, qualcuno si accorse delle rondini appollaiate sul
tetto del fornaio. Cominciò a spiare la bottega e quando scoprì che il ragazzo
che sgattaiolava via alle prime luci
dell’alba era il principe Thomas, corse dalla madre della principessa e le
raccontò ogni cosa. Che Mathilda era bella come nessun’altra ragazza in tutto
il reame e che il principe si era perdutamente innamorato di lei.
La
regina gridò. E lo fece con tutto il fiato che aveva in corpo. Mai e poi mai
avrebbe permesso ad una povera fornaia di mandare a monte le nozze della
figlia! Corse in solaio, cercò il grande
libro degli incantesimi che
aveva ricevuto in dono da sua
madre e lanciò la più terribile maledizione che fosse mai stata fatta.
“Diventerai di ghiaccio”, tuonò la regina. “E affinché il tuo corpo non si sciolga ai
raggi del sole, sarà imprigionato in una statua di pietra. Ma i tuoi occhi,
quelli rimarranno vivi perché tu possa vedere il principe innamorarsi di
un’altra donna, sposarla e invecchiare accanto a lei. Questa
sarà la tua maledizione! Chiunque cercherà di liberarti dalla tua prigione ti ucciderà perché per farlo dovrà
scalfire la pietra senza mai intaccare il ghiaccio. E,” rise la regina, “non
esiste notte abbastanza lunga perché questo possa mai accadere. Morirai prima
che il tuo corpo di ghiaccio sia stato completamente liberato”.
La
maledizione della regina si avverò.
Mathilda scomparve.
Alcuni dissero che era misteriosamente annegata nel lago, altri che era
fuggita alla ricerca di quei mondi che avevano dato vita alle sue bellissime
storie, ma nessuno, mai, associò la sua scomparsa all’improvvisa apparizione
della bellissima statua ai piedi del lago.
Poi
la bottega del fornaio chiuse.
E
una piccola croce venne messa accanto alla quercia, là dove, anni prima, era
stata sepolta la nonna di Mathilda.
Ma
il giovane principe non smise di cercarla. La cercò per mesi, ovunque, dando
retta alla voce disperata del suo cuore che gli diceva di non arrendersi. E
quando, alla fine, il dolore divenne troppo grande, Thomas partì.
Viaggiò da un paese all’altro, scoprendo con i suoi occhi quei posti di
cui aveva sentito solo parlare nei racconti di Mathilda, studiò nelle più
importanti scuole del mondo e solo cinque anni più tardi, quando la vita aveva
fatto di lui un uomo, tornò al castello.
“Sposerò la principessa”, disse a suo padre e nello stesso momento in cui pronunciò quelle parole capì che neppure i lunghi anni di separazione
avevano cancellato il suo amore per la ragazza che, con le sue storie, gli
aveva regalato la libertà.
Camminò verso il lago e si fermò solo quando fu arrivato di fronte alla
statua. Allora, per una ragione che non poteva comprendere, si sentì finalmente
in pace.
Il
giorno dopo, l’intero reame cominciò a prepararsi alle nozze. Centinaia di
inviti furono consegnati di casa in casa, le sarte ricevettero ordine di
tagliare e cucire i più bei vestiti che si fossero mai visti e il giardino di
rose intorno al castello fiorì in tutto il suo splendore.
Thomas tornò alla statua sul lago ogni giorno, e ogni giorno vi rimase
un po’ più a lungo. Le raccontò dei suoi viaggi, delle cose che aveva visto e
imparato e della ragazza che un tempo aveva amato. Poi le parole finivano e la
luna faceva la sua comparsa in cielo. Allora il principe alzava gli occhi su
quel volto scolpito nella pietra e lo fissava in silenzio, con la sensazione
che diventasse ogni giorno più triste.
La sera prima delle nozze, senza sapere
perché, allungò una mano per sfiorarle la guancia con una carezza. E fu allora
che vide una lacrima scivolarle lungo le ciglia di pietra.
All’improvviso ogni cosa divenne chiara. Ricordò che Mathilda era
scomparsa il giorno in cui la statua era stata vista per la prima volta sul
lago e che il cuore
gli
aveva sempre detto che lei era
viva.
Prese uno scalpello e cominciò a scalfire la
pietra dura come il marmo. Lavorò per ore, senza sosta, al buio della notte,
cercando di non graffiare mai il ghiaccio e poco prima dell’alba sentì una voce
sussurrare: “Il sole mi ucciderà”.
Il principe guardò il bellissimo volto della
ragazza di ghiaccio e pianse. Se solo avesse avuto ancora un po’ di tempo... solo
un po’.
Poi, accadde qualcosa di straordinario. Il
sole cominciò a sorgere, ma in quello stesso istante migliaia di rondini e
usignoli, da ogni parte del reame, si alzarono in volo e oscurarono il cielo.
Rimasero fermi sotto il sole, le ali spiegate
per impedire ai suoi raggi di sfiorare il ghiaccio e solo quando il principe
polverizzò l’ultimo granello di pietra e baciò l’unica donna che avesse mai
amato, il cielo tornò a schiarirsi.
Fu la notte più lunga che il mondo ricordi,
la notte in cui la sola forza dell’amore ruppe il più perfido incantesimo mai fatto.
Tutti i diritti riservati Claudia Mancino
Foto dal Web
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