Ci sono storie che, come un lieve soffio di vento,
passano di bocca in bocca, che nel buio della notte sorvolano immensi campi di
grano e s’insinuano, invisibili, tra gli alberi dei boschi, che viaggiano
attraverso il tempo e lo spazio, a volte in carrozza, a volte in treno e che
solcano oceani sempre più lontani senza essere mai toccate da burrasche o
tempeste. Storie che come foglie vengono strappate dal luogo in cui nascono per
essere portate, in punta di piedi, nelle case di tutto il mondo.
E non c’è davvero nulla che possa fermarle perché ogni
storia possiede un destino proprio, una forza che resiste al passare
inesorabile del tempo per portare un sorriso o una lacrima a chi, nei secoli,
ascoltandole, le saprà amare.
Questa che sto per raccontarvi è una storia che
accadde molto tempo fa, in un luogo forse non troppo lontano, ma che ha
viaggiato per molti e molti anni prima di arrivare fino a qui.
C’era una volta una piccola, strana
città attraversata da così tanti canali che a vederla dall’alto e con gli occhi
di un bambino poteva sembrare una bellissima ragnatela d’acqua.
Al centro della piccola città,
proprio dietro il vecchio mulino, abitava un bambino di nome Un Soldo.
Aveva i capelli sempre in disordine, i calzini spaiati, la camicia abbottonata
a modo suo e un mucchio di biglietti colorati accartocciati nelle tasche dei
pantaloni.
Dovete sapere che, nonostante fosse
sempre vissuto lì, a Un Soldo le strade e le case di quella piccola città
sembravano tutte uguali e, per quanto si sforzasse, proprio non riusciva a non
perdersi.
Era così che a sua mamma era venuta
l’idea di preparargli quei biglietti. Un biglietto con sopra disegnato un
pettine per ricordargli, appena uscito di casa, di passare davanti alla bottega
del vecchio barbiere; un biglietto con la torta al cioccolato per
ricordargli di attraversare la strada davanti alla pasticceria; quello con
l’acqua per indicargli il piccolo ponte in fondo alla strada e quello con un
berretto perché non si dimenticasse di svoltare all’angolo dell’elegante
negozio dei cappelli prima di arrivare a scuola.
Nonostante tutti questi biglietti,
Un Soldo continuava a perdersi.
“Dritto verso la pasticceria”, si
raccomandava il vecchio barbiere ogni mattina quando lo vedeva passare.
“Attraversa il ponte e non lasciarti
distrarre dalle farfalle”, gli ricordava con dolcezza la pasticciera.
“Stamane vetrina nuova”, lo informava il
poliziotto con un caldo sorriso. “Cappelli con i fiori per signore vanitose.”
E a tutti, Un soldo rispondeva con un educato
grazie.
Ora, capitava a volte che il barbiere fosse
intento a sbarbare il sindaco in persona o che la pasticciera stesse glassando
la sua famosa torta ai lamponi e allora Un Soldo era finalmente libero di
guardare quel mondo che tanto lo affascinava senza distrazioni.
Naturalmente sapeva di avere le tasche
piene dei biglietti della mamma e ogni volta si riprometteva di usarli, ma poi
accadeva qualcosa di così incredibile e meraviglioso da fargli dimenticare
tutto. Con la coda dell’occhio vedeva uno stormo di rondini volare sopra di lui
e all’improvviso Un Soldo aveva la sensazione che se le avesse seguite forse
avrebbe scoperto il segreto per volare come loro e, con il cuore che gli
batteva forte in petto, correva e correva in mezzo ai campi di tulipani, gli
occhi fissi al cielo a studiare quegli strani, misteriosi disegni che le
rondini tracciavano sopra di lui.
Altre volte arrivava una folata di vento
un po’ più forte del solito, si insinuava tra le chiome degli alberi e quel
fruscio…. quel fruscio sembrava portare con sé una melodia appena
sussurrata a cui Un Soldo non poteva resistere. Non conosceva le note e non
aveva mai studiato musica, ma quando il vento sfiorava le cose intorno a lui,
allora Un Soldo sentiva suonare nella sua testa un’intera orchestra e sapeva
distinguere il suono dolce dei violini da quello più caldo dell’oboe e
ricominciava a correre, senza fermarsi, dietro al vento, ascoltando quella
musica che solo lui poteva sentire.
Fu questo il motivo per cui il nostro
bambino venne chiamato Un Soldo.
Nessuno aveva mai capito cosa gli
passasse per la testa e fin da quando era piccolo, gli adulti non avevano fatto
che domandargli: ”Un soldo per i tuoi pensieri”, sapendo esattamente che lui
non avrebbe mai dato loro una risposta.
Ma come poteva, Un Soldo, dare un
nome o spiegare a qualcuno il senso di tutti quei pensieri che gli frullavano
in testa? La musica nascosta dal vento o si sentiva o non si sentiva. E poi, a
pensarci bene, c’erano pensieri che nemmeno lui capiva bene.
Ma di una cosa Un Soldo era
assolutamente sicuro: il mondo che lo
circondava era molto più incredibile e misterioso di
quello che tutti immaginavano. Bastava saperlo guardare in modo diverso.
Fu probabilmente per questo che Un
Soldo non imparò mai la strada per arrivare a scuola, ma quella per tornare a
casa, quella la trovò da solo, anche se per il resto del mondo rimase un
mistero. Né la pasticciera né il barbiere lo videro mai fare ritorno la sera, e
se quella fosse stata una città come tante altre, allora nessuno si sarebbe
interrogato a riguardo, ma in mezzo a quel luminoso labirinto di canali
trovarsi un’altra strada per raggiungere la casa accanto al mulino era quasi
impossibile.
Eppure ogni sera Un Soldo si presentava
sulla porta di casa con gli occhi che brillavano di felicità e un vecchio sacco
di tela colmo di strani, preziosi oggetti luccicanti che aveva raccolto chissà
dove e che custodiva gelosamente sotto il letto.
Ma come tutte le cose che riguardavano Un
Soldo, la gente non si chiese mai veramente come facesse a tornare a casa o a
cosa gli servissero tutte le cose che nascondeva nel sacco che portava sulle
spalle.
Quel bambino sempre arruffato e
sorridente aveva il potere di confondere gli adulti. Per anni non fu in grado
di imparare le cose più semplici poi, un giorno, senza un perché, tutto ciò he
gli era stato insegnato gli divenne
improvvisamente chiaro, così chiaro che per un intero inverno non riuscì più a
staccare il naso da quei libri che, per la prima volta, sembravano avere
davvero un senso.
In brevissimo tempo Un Soldo imparò a
mettere insieme ciò che leggeva con le cose che aveva imparato osservando
il mondo dal suo punto di vista e pensò che forse un giorno sarebbe riuscito a
spiegare a chi non lo capiva che c’era sempre un’altra strada
da percorrere per afferrare il senso delle cose.
Passarono gli anni, Un Soldo divenne
grande e si costruì una casa tutta sua, là dove la ragnatela di canali
diventava così fitta che nessuno aveva mai osato avventurarcisi. A guardarla da
lontano, quella casa in mezzo all’acqua brillava come un diamante e, col tempo,
si cominciò a narrare che quel ragazzo gentile e solitario avesse scoperto il
segreto degli arcobaleni e che ogni sera, al calar del sole, ne nascesse uno
proprio dalla sua casa.
Fu in una fredda giornata di
autunno che, tornando a casa, Un Soldo si accorse di essere seguito. Era una
bambina molto più piccola di lui, i calzini spaiati, la camicetta abbottonata
a modo suo e le trecce
bionde spettinate sulle spalle. Per un po’ Un Soldo finse di non
vederla e per un po’ la bambina si nascose dietro gli alberi ogni volta che lui
si girava a controllare.
Accadde di nuovo il giorno dopo e
quello dopo ancora, finché Un Soldo non decise che era arrivato il momento di
fare amicizia e il terzo giorno l’aspettò sotto una vecchia quercia al
delimitare del bosco.
La bambina si avvicinò piano piano
e prima ancora che lui avesse il tempo di chiederle chi fosse, lei tirò fuori
dalla tasca del suo vestitino un mucchietto tutto accartocciato di biglietti
colorati e glieli mostrò.
Allora Un Soldo capì.
E sorrise.
“Non so leggere”, disse la bambina
semplicemente.
“Imparerai”, rispose Un Soldo come se
fosse la cosa più naturale del mondo.
“E non riesco a ricordarmi i numeri”,
continuò la piccola.
Un Soldo alzò le spalle e sorrise di
nuovo. “Un giorno li capirai”.
“Davvero?”
“Perché mi segui?”
“La pasticciera dice che conosci il
segreto per non perdersi”.
“E’ vero”.
“Ecco, credo di aver bisogno del tuo
segreto”, disse la bambina.
“Non so se il mio segreto va bene anche
per te”, rispose Un Soldo con dolcezza. “Ma ci possiamo provare. Come ti chiami?”
La bambina sorrise. “ Mi chiamo
Lisa”.
“Bene, Lisa, ti aiuterò a trovare il tuo
ingresso segreto per questo mondo, ma la strada che poi percorrerai, quella
dovrai trovarla tu.”
Il mattino dopo Un Soldo accompagnò Lisa
a scuola. Vedendoli passare davanti alla sua bottega, lui ormai adulto e lei
ancora piccina, entrambi con la camicia abbottonata a modo loro, il barbiere
sorrise commosso e senza accorgersene tagliò via il lungo, elegante baffo
grigio al sindaco in persona. Poco più in là la pasticciera rimase con la
ciotola a mezz’aria, gli occhi velati di lacrime, e quando qualche minuto più
tardi tornò al lavoro si rese conto che la sua famosa torta ai lamponi era
scomparsa sotto una montagna gigantesca di panna.
Qualche tempo dopo, tra i
rami degli alberi lungo la strada comparvero degli strani, piccoli tubi di
metallo che riempirono la piccola città di suoni così caldi e belli
che la gente del posto iniziò a raccontare che Un
Soldo fosse riuscito a donare una voce a quel vento che aveva
sempre inseguito e amato.
Passò l’autunno e passò l’inverno.
Fu con l’arrivo della primavera che la nostra
magica città sull’acqua iniziò a brillare di tante piccole e misteriose lucine.
Erano schegge di specchio incastonate nelle pietre accanto ai canali, lungo i
sentieri dei campi e nelle folte chiome degli alberi.
Allora fu chiaro che anche Lisa aveva trovato
la sua strada.
Accadde in un giorno come tanti altri. Il vento
soffiava leggero e il sole faceva brillare di una luce tremolante le centinaia
di specchietti nascosti per la città.
Cominciarono i bambini, poi gli adulti, uno per
volta, incuriositi, forse un po’ spaventati ma al tempo stesso emozionati come
non accadeva loro da tanto tanto tempo. Qualcuno seguì la misteriosa voce del
vento e qualcuno seguì la strada indicata dai colori della luce, lungo il
canale principale, dentro il vecchio bosco di querce, attraverso quella miriade
di piccoli canali di cui avevano dimenticato l’esistenza e, un passo dopo
l’altro, entrarono nel magico mondo che solo Un Soldo e Lisa avevano saputo
vedere, ma che era sempre stato lì, sotto gli occhi di tutti.
E compresero ciò che Un Soldo aveva sempre
saputo: che esiste una strada per ognuno di noi, forse più lunga e a volte un
po’ più complicata, ma capace di portare ogni bambino là dove deve andare.
Questa favola è stata scritta per il mio bambino Luca che un giorno troverà la sua strada… senza perdersi
Questa favola è stata scritta per il mio bambino Luca che un giorno troverà la sua strada… senza perdersi
Tutti i diritti riservati © Claudia Mancino
Illustrazione di Anna Bertenasco
Magnifico!!!
RispondiEliminaGiovanna R.
Thank you :-)
EliminaUn Soldo potrebbe essere mio figlio. Mi sono commossa
RispondiEliminaAllora questa favola è anche un po' sua <3
EliminaQuesto bambino mi ha preso il cuore, Claudia.
RispondiEliminaanche a me Francesco :-)
EliminaMi sono innamorata di Un Soldo!! I tuoi bambini, quelli delle fiabe, sono uno più straordinario dell'altro. Ma lui, lui ha qualcosa di davvero speciale
RispondiEliminaCiao, Sabina
Lui è mio figlio :-)
EliminaMeravigliosa, come tutte le tue fiabe. Sentivo la musica anche io.
RispondiEliminaoh... allora ci sono riuscita!!!
EliminaLa musica l'ho sentita anche io!!! Mi dici quale musica ti ha ispirato? Ti pregooo
RispondiEliminaLa colonna sonora del film Forrest Gump :-))
EliminaL'ho riletta ascoltando la musica. E' semplicemente perfetta!
Elimina:-))) grazie Lucia, quella musica mi emoziona ogni volta allo stesso modo
EliminaQuanto abbiamo da imparare dai bambini... se solo sapessimo ascoltarli per davvero!
RispondiEliminaNon è difficile, basta regalare loro tempo...
EliminaQuesta favola è bellissima!! e il bambino ritratto nell'illustrazione è proprio come immaginavo Un Soldo! I miei più sinceri complimenti a te e all'illustratrice, siete davvero straordinarie!
RispondiEliminaRiferirò all'illustratrice, promesso. Grazie Giuseppina
EliminaChe ogni bambino trovi la sua strada, nonostante le difficoltà della vita! Bravissima!
RispondiEliminaIlaria
La trovano sempre
EliminaStoria dolcissima. Credo che Un soldo mi rimarrà nel cuore per moltissimo tempo
RispondiEliminaGrazie Fra
EliminaDolcissimaaaaaa
RispondiEliminaMa che storia dolcissima!!
RispondiEliminaUn Soldo non può non prenderti il cuore. Che bella bella favola.
RispondiEliminaQuesto bambino somiglia tanto a mio figlio. Anche lui si perde e o distingue la destra dalla sinistra. Storia dolcissima, grazie
RispondiEliminaUn Soldo sembra anche figlio mio. Storia meravigliosa
RispondiEliminaQuanta dolcezza
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