venerdì 22 maggio 2015

Il mondo di Mathilda

         
Molti anni fa, in una fredda notte d’inverno, ai lati opposti di un antichissimo regno, nacquero due bambini. Mathilda, figlia di un povero fornaio e Thomas, delfino del re.
  Pochi giorni dopo la sua nascita, Thomas fu promesso sposo alla principessa del reame oltre il lago ghiacciato e perché nulla potesse cambiare il loro destino, fu deciso che i due principi sarebbero vissuti isolati dal mondo fino al giorno delle loro nozze.
  Così Thomas crebbe solo, nel suo mondo fatato, accudito da balie, maggiordomi e istitutori privati senza mai sapere che oltre le mura del castello esisteva un altro mondo.
I suoi unici compagni di gioco furono rondini e usignoli e perché non volassero via con l’arrivo dell’inverno, fece costruire una grande, bellissima serra al centro del giardino del castello, con fontane, palme e profumati fiori tropicali.
Questo era il mondo di Thomas.

  Dall’altra parte del regno, sopra la vecchia bottega del fornaio, cresceva la piccola Mathilda. Cresceva libera di giocare nei prati fioriti, di esplorare con gli altri bambini gli angoli segreti del bosco e di pattinare sul lago ghiacciato nelle fredde giornate d’inverno.
  Ma quando arrivò l’autunno del suo sesto compleanno, Mathilda scoprì che la sua famiglia era troppo povera per mandarla a scuola. E pianse. Allora sua nonna la strinse tra le braccia e disse: “Ti insegnerò io a leggere”.
  “Davvero?” chiese Mathilda, asciugandosi le lacrime.
  “I libri sono come porte”, disse la nonna con dolcezza. “Ogni volta che ne apri uno ti si spalancano mondi lontani e meravigliosi. Se impari a leggere, quei mondi diventeranno parte di te”.
  “Ma noi non abbiamo libri”, disse Mathilda.
  La nonna le accarezzò una guancia. “Un passo per volta, bambina mia. Quando sarà il momento, troveremo i libri”.
  Così Mathilda imparò a leggere. E sua nonna le trovò i libri. Ogni sera, prima di andare a dormire, Mathilda accendeva la candela sul comodino, si infilava sotto le coperte e leggeva fino a notte fonda, scoprendo tra quelle vecchie pagine ingiallite dagli anni mondi incredibili. Lesse storie di altri tempi e di altri paesi, scoprì le meraviglie della natura e i segreti dell’animo umano e, con la fantasia, sera dopo sera, volò oltre le barriere del tempo e dello spazio.
  Poi sua nonna si ammalò.
  Per giorni e giorni Mathilda rimase seduta accanto a lei e quando capì che stava per morire, le baciò i morbidi capelli bianchi e le disse addio nell’unico modo in cui sapeva fare: raccontandole una storia che non era ancora stata scritta.
  Fu così che Mathilda, troppo povera per comprare libri, cominciò  a  inventare  storie.   Raccontò  di  mondi  che  non conosceva e di cose che non aveva mai visto e ben presto, in tutto il regno,  si sparse la voce che sul lago ghiacciato viveva una bambina che raccontava le storie più belle che si fossero mai sentite. E queste storie entrarono di casa in casa, raccontate dalla voce delle balie e delle cuoche che ogni mattina si fermavano alla bottega del fornaio per comprare il pane.
  Fu così che quelle stesse storie varcarono le mura del castello per essere raccontate sottovoce dalla servitù in cucina.
  Ma nessuno immaginò mai che quei bisbigli giungessero, attraverso il camino, anche alla camera del giovane principe. Lui le ascoltò, giorno dopo giorno, per mesi, imparando a conoscere il mondo attraverso gli occhi e le parole di Mathilda, finché una mattina molto presto, mentre tutti dormivano, scavalcò i cancelli dietro  ai  quali  aveva vissuto in  solitudine  per  troppo tempo e andò a cercare la ragazza che, con le sue storie, gli aveva regalato la libertà.
  La trovò nella piccola bottega del fornaio e, nel momento in cui la vide, si innamorò perdutamente di lei.
  Da quel giorno, ogni mattina, molto prima che il sole sorgesse, Thomas entrava dal retro della bottega e aiutava Mathilda a fare il pane. Parlavano, ridevano, ma soprattutto, mentre i lunghi filoni di pane cuocevano in forno, leggevano insieme  i libri  che Thomas portava con  sé.  Libri  d’arte, di  musica, di medicina e di storia.
 Mathilda imparò cose di cui non aveva mai immaginato l’esistenza e Thomas imparò ciò che fino ad allora nessun istitutore era stato capace di insegnargli: l’amore per la conoscenza.
  Poi, una mattina, qualcuno si accorse delle rondini appollaiate sul tetto del fornaio. Cominciò a spiare la bottega e quando scoprì che il ragazzo che sgattaiolava via  alle prime luci dell’alba era il principe Thomas, corse dalla madre della principessa e le raccontò ogni cosa. Che Mathilda era bella come nessun’altra ragazza in tutto il reame e che il principe si era perdutamente innamorato di lei.
  La regina gridò. E lo fece con tutto il fiato che aveva in corpo. Mai e poi mai avrebbe permesso ad una povera fornaia di mandare a monte le nozze della figlia! Corse in solaio, cercò  il  grande  libro degli  incantesimi  che  aveva  ricevuto in dono da sua madre e lanciò la più terribile maledizione che fosse mai stata fatta.
  “Diventerai di ghiaccio”, tuonò la regina.  “E affinché il tuo corpo non si sciolga ai raggi del sole, sarà imprigionato in una statua di pietra. Ma i tuoi occhi, quelli rimarranno vivi perché tu possa vedere il principe innamorarsi di un’altra donna, sposarla e invecchiare accanto a lei. Questa sarà la tua maledizione! Chiunque cercherà  di liberarti  dalla tua  prigione ti ucciderà perché per farlo dovrà scalfire la pietra senza mai intaccare il ghiaccio. E,” rise la regina, “non esiste notte abbastanza lunga perché questo possa mai accadere. Morirai prima che il tuo corpo di ghiaccio sia stato completamente liberato”.
  La maledizione della regina si avverò.
  Mathilda scomparve.
  Alcuni dissero che era misteriosamente annegata nel lago, altri che era fuggita alla ricerca di quei mondi che avevano dato vita alle sue bellissime storie, ma nessuno, mai, associò la sua scomparsa all’improvvisa apparizione della bellissima statua ai piedi del lago.
  Poi la bottega del fornaio chiuse.
  E una piccola croce venne messa accanto alla quercia, là dove, anni prima, era stata sepolta la nonna di Mathilda.
  Ma il giovane principe non smise di cercarla. La cercò per mesi, ovunque, dando retta alla voce disperata del suo cuore che gli diceva di non arrendersi. E quando, alla fine, il dolore divenne troppo grande, Thomas partì.
  Viaggiò da un paese all’altro, scoprendo con i suoi occhi quei posti di cui aveva sentito solo parlare nei racconti di Mathilda, studiò nelle più importanti scuole del mondo e solo cinque anni più tardi, quando la vita aveva fatto di lui un uomo, tornò al castello.
  “Sposerò la principessa”, disse a suo padre e nello stesso momento  in cui  pronunciò  quelle  parole capì  che neppure i lunghi anni di separazione avevano cancellato il suo amore per la ragazza che, con le sue storie, gli aveva regalato la libertà.
  Camminò verso il lago e si fermò solo quando fu arrivato di fronte alla statua. Allora, per una ragione che non poteva comprendere, si sentì finalmente in pace.
   Il giorno dopo, l’intero reame cominciò a prepararsi alle nozze. Centinaia di inviti furono consegnati di casa in casa, le sarte ricevettero ordine di tagliare e cucire i più bei vestiti che si fossero mai visti e il giardino di rose intorno al castello fiorì in tutto il suo splendore.
  Thomas tornò alla statua sul lago ogni giorno, e ogni giorno vi rimase un po’ più a lungo. Le raccontò dei suoi viaggi, delle cose che aveva visto e imparato e della ragazza che un tempo aveva amato. Poi le parole finivano e la luna faceva la sua comparsa in cielo. Allora il principe alzava gli occhi su quel volto scolpito nella pietra e lo fissava in silenzio, con la sensazione che diventasse ogni giorno più triste.
  La sera prima delle nozze, senza sapere perché, allungò una mano per sfiorarle la guancia con una carezza. E fu allora che vide una lacrima scivolarle lungo le ciglia di pietra.
 All’improvviso ogni cosa  divenne chiara. Ricordò che Mathilda era scomparsa il giorno in cui la statua era stata vista  per  la  prima  volta  sul lago  e che  il  cuore  gli  aveva  sempre detto che lei era viva.
  Prese uno scalpello e cominciò a scalfire la pietra dura come il marmo. Lavorò per ore, senza sosta, al buio della notte, cercando di non graffiare mai il ghiaccio e poco prima dell’alba sentì una voce sussurrare: “Il sole mi ucciderà”.
  Il principe guardò il bellissimo volto della ragazza di ghiaccio e pianse. Se solo avesse avuto ancora un po’ di tempo... solo un po’.
  Poi, accadde qualcosa di straordinario. Il sole cominciò a sorgere, ma in quello stesso istante migliaia di rondini e usignoli, da ogni parte del reame, si alzarono in volo e oscurarono il cielo.
  Rimasero fermi sotto il sole, le ali spiegate per impedire ai suoi raggi di sfiorare il ghiaccio e solo quando il principe polverizzò l’ultimo granello di pietra e baciò l’unica donna che avesse mai amato, il cielo tornò a schiarirsi.
  Fu la notte più lunga che il mondo ricordi, la notte in cui la sola forza dell’amore ruppe il più perfido incantesimo mai fatto.

 Tutti i diritti riservati Claudia Mancino
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